martedì 22 dicembre 2009
Le più antiche immagini del Chianti? Sono nel Castello di Brolio!
E' stato presentato sabato 19 dicembre presso le Cantine Barone Ricasoli di Gaiole il volume “Le più antiche immagini del Chianti. L’albero genealogico dei Ricasoli in una stampa del 1584”, curato da Francesca Marchetti e Donatella Tognaccini e pubblicato dal Centro di Studi Storici Chiantigiani.
Il libro illustra la stampa conservata presso il castello di Brolio nella quale si trova appunto raffigurato l’albero genealogico della famiglia Ricasoli fino al 1584.
Gli autori sono due incisori piuttosto famosi all’epoca: don Vito Falcini dell’abbazia di Vallombrosa, autore tra l’altro dell’incisione della celebre mappa di Firenze del cartografo Stefano Buonsignori, e don Epifanio d’Alfiano, anch’esso frate vallombrosano.
I due incisori realizzarono la stampa a partire dal disegno fatto dallo storico Scipione Ammirato, che fu incaricato di ricostruire l’albero genealogico di famiglia da Giuliano Ricasoli (1553-1590), paggio presso la corte medicea e in seguito ambasciatore del Granducato a Vienna.
La stampa presenta l’albero con i classici medaglioni con all’interno riportati i nomi dei vari rappresentanti della famiglia Ricasoli a partire dal fondatore Geremia, ma l’interesse del disegno sta soprattutto nella raffigurazione delle 42 località comprese tra Chianti e Valdarno che si trovano alla base dell’albero, e sulle quali si concentra l’attenzione delle due ricercatrici.
Si tratta infatti della prima rappresentazione di località toscane ancora oggi esistenti, e che erano a vario titolo collegate alla famiglia Ricasoli.
L’interesse dello studio dunque è tutto di indole iconografica, e Francesca Marchetti e Donatella Tognaccini hanno messo a confronto le rappresentazioni presenti sulla stampa con quelle che dei medesimi luoghi è possibile rintracciare nelle Mappe dei Capitani di Parte Guelfa, realizzate tra il 1580 e il 1595 al fine di ripartire le spese di manutenzione delle strade pubbliche.
Nella stampa Ricasoli i luoghi sono rappresentati in funzione dell’importanza che essi rivestivano per il casato, e alcuni di questi come Brolio, Meleto e Cacchiano appaiono proprio per questo delineati in maniera più particolareggiata di altri. Il castello di Brolio per esempio stupisce per la fedeltà con la quale sono realizzati i potenti bastioni quattrocenteschi a difesa del maniero; gli stessi bastioni che ancora oggi possiamo ammirare.
Le Mappe dei Capitani di Parte Guelfa invece rispondevano a esigenze più prosaiche, e nascevano da schizzi presi sul luogo e rielaborati in seguito, e a volte a distanza di anni. Chiese, case e palazzi vi assumono dunque una forma stereotipata, a parte rare eccezioni.
Nonostante le finalità fossero così diverse, è tuttavia possibile rintracciare similitudini tra la stampa Ricasoli e le Mappe dei Capitani di Parte Guelfa nelle rappresentazioni di alcune località, come nei casi del castello di Vertine e della Badia a Coltibuono.
L’interesse e il fascino del volume sta tutto in questi confronti, ai quali è stata poi aggiunta la fotografia dei luoghi così come appaiono oggi, a distanza di quasi 500 anni.
Il libro si conclude con due appendici che hanno rispettivamente per soggetto due grandi personaggi: Galileo Galilei e Leonardo Da Vinci.
Quest’ultimo nel 1502 circa realizzò la famosa carta “Toscana e Umbria” con prospettiva a volo d’uccello nella quale sono evidenziati in maniera particolare i fiumi e i corsi d’acqua. Leonardo infatti stava studiando un progetto idrico per regimentare le acque in modo da migliorare l’irrigazione delle terre.
In questa carta si trovano citati anche luoghi come Brolio, Cacchiano, Vertine, San Polo, Gaiole, San Leolino e Radda, tutti presenti nella stampa Ricasoli. Tuttavia, vista l’estensione del territorio compreso nella mappa, è chiaro che le località segnalate risultano assai schematizzate e non certo utili a fornirne una vera e propria rappresentazione.
Assai curiosa invece è l’appendice dedicata a Galileo, peraltro imparentato alla lontana con i Ricasoli grazie al suo antenato Lodovico che aveva sposato Niccolosa Ricasoli.
Il giovane Galileo era amico di Giovanbattista dei Ricasoli di Cacchiano, morto pazzo nel 1590.
La sorella ne impugnò il testamento e nei processi che ne seguirono Galileo venne citato come testimone e quindi interrogato per capire quando fossero comparsi i primi segni di squilibrio mentale in Giovanbattista.
Proprio nel corso di queste testimonianze emerse un episodio accaduto alla villa della Torricella, presso Nebbiano, che vide Galileo vittima di uno scherzo di Giovanbattista che rischiò di finire in tragedia per il grande scienziato. L’episodio è assai gustoso e riporta alla luce un momento inedito della vita privata di Galileo che strappa un sorriso divertito.
Ma la presenza dei Ricasoli nella vita di Galileo non si limitò agli anni giovanili e agli scherzi un po’ azzaardati, perché proprio Orazio (nipote proprio di quel Giuliano Ricasoli che ordinò la realizzazione dell’albero genealogico di famiglia) fu - secondo quando scrive Luigi Passerini nella sua “Genealogia e storia della famiglia Ricasoli” del 1861 – “uno dei pochi fedeli amici che consolarono gli ultimi giorni del vecchio sublime nel suo ritiro di Arcetri”.
Francesca Marchetti – Donatella Tognaccini
“Le più antiche immagini del Chianti.
L’albero genealogico dei Ricasoli in una stampa del 1584”
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